Questioni di condensa
- Katia Girardi architetto di head work

- 4 giu 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 5 giu 2023
Questo è un periodo piovoso e avrei quasi gradito parlarvi di una cosa semplice come la pioggia. Se non che oggi ci siamo avventurati con Anna fino a Malga Campo e, avvolte nelle nuvole tra Cima Alta e il Monte Palon, abbiamo cominciato a fare considerazioni sulla condensa. Si perchè la nuvola che vi avvolge non è più fatta di vapore acqueo - che non è visibile all'occhio umano - bensì di microscopiche gocce condensate e visibili. Così siamo finite a parlare di condensa.
Nel mio ultimo libro "L'hotel infra ordinario" in un capitolo che tratta della capacità che hanno gli edifici di essere in qualche modo traspiranti, spiego - per chi voglia togliersi delle curiosità pratiche in un modo molto semplice - cosa sono e come si gestiscono i fenomeni di condensazione che avvengono dentro alle mura degli edifici e con quali meccanismi ci si libera da un ambiente troppo umido. Vi metto un estratto del capitolo qui di seguito, buona lettura.
"(...) Prendersi cura degli aspetti di sostenibilità e di salubrità significa fare inoltre spazio agli aspetti legati all’innovazione dell’impiantistica. Un progetto che accoglie le istanze dell’ambiente nel quale si insedia è uno dei fattori che salda l’edificio con il luogo in cui si trova, in un rapporto di appartenenza e rispetto reciproci. (...).
Optammo con l’impresa per un intonaco termoisolante - con funzione simile al cosiddetto “cappotto esterno” -, contenete delle piccole sfere per l’accumulo del calore, a base di calce e molto traspirante. Sarebbe stato posato in più mani fino a raggiungere lo spessore di cinque centimetri e finito con una rete di rinforzo in poliestere e un paio di mani di intonachino fino. Non una soluzione nobile come gli intonaci tradizionali composti di rinzaffo, arriccio e finitura ma una scelta qualitativamente sostenibile per quanto riguardava la composizione fisica e, soprattutto, attenta alla sostenibilità. Successivamente infatti l’isolamento della locanda sarebbe stato integrato anche verso l’interno dei muri, (...) Il “cappotto” serviva solamente a fare in modo che il gradiente della temperatura non cadesse troppo velocemente, andando a posizionare il punto di rugiada all’interno della muratura. Serviva solo ad eliminare la condensa interstiziale.
Spiego meglio e non metto queste spiegazioni nella parte a carattere più tecnico perché ritengo personalmente che un minimo di conoscenza dei meccanismi di igrometria e isolamento dovrebbero rientrare nella cultura generale di chiunque. Dovete essere in grado di smascherare chi vi vuole vendere l'acqua calda. Le nozioni di igrometria che serve conoscere per capire questi meccanismi sono basilari e fanno riferimento al concetto con cui si forma la pioggia, sostanzialmente. Dietro ci sono un cumulo di calcoli e coefficienti da utilizzare ma le questioni di base sono facilmente comprensibili.
Nell’aria calda stanno sospese molte goccioline di umidità, acqua che noi produciamo nelle nostre normali attività: cucinare, lavarci, respirare. Nell’aria fredda stanno sospese molte meno goccioline di umidità, e questa è fisica. Quando andiamo verso il muro perimetrale, lì la temperatura è più bassa, anche all’interno, perché il muro è a contatto con l’esterno ed è più freddo. L’aria calda con dentro molte gocce di umidità in sospensione quando arriva verso il muro freddo fa come un piccolo temporale: condensa e “piove” sulla superficie del muro freddo. Non è umidità che entra da fuori, ok? L’umidità è già dentro in casa (il famoso vapore acqueo invisibile, che voi vedrete solo quando condensa - ndr) . Risulta naturale pensare di mettere un pannello isolante sul muro all’interno, in modo che l’aria umida interna non possa “piovere” sul muro freddo ma vada a finire su un pannello caldo e quindi non “piova”.
Queste maledette goccioline in sospensione hanno però la malaugurata qualità di tendere ad andare dappertutto, specialmente dove non ci sono; non perché vi vogliono male ma perché gli elementi naturali amano il disordine e si spandono dove non ci sono, per entropia. Le goccioline finiscono quindi naturalmente anche dietro al nostro pannello di isolamento interno. Siccome il muro è ancora freddo perché trattasi di un muro a contatto con l’esterno, l’effetto “pioggia” si verifica dietro al pannello che isola il muro, con il risultato che il muro marcisce senza che possiate accorgervene subito. (...) Una volta smembrato il pannello non vi isola più e siete daccapo. Se mettete un pannello di isolamento sintetico, che non marcisce, l’acqua rimane in ogni caso tra il muro e il pannello e compaiono i soliti problemi delle macchie e della muffa. Vessati dai fenomeni naturali, cosa possiamo fare per risolvere la situazione?
La pittura miracolosa o il cemento osmotico che tengono fuori o dentro l’umidità, prendendola a pugni, cristallizzandola, occupando i pori vuoti e chi più ne ha più ne metta non servono: la faccenda volendo è più semplice.
La condensa interna non si forma sempre, ha bisogno di uno sbalzo di temperatura notevole, abbastanza per creare il vostro piccolo “temporale” domestico. Come accade in estate, se non ci sono grosse differenze di temperature tra le masse nuvolose, non necessariamente piove. Per capire dove la temperatura cambia, generando uno sbalzo termico, si disegna una curva, chiamata “gradiente della temperatura”, sulla quale si descrivono le variazioni e si evidenziano gli sbalzi tali da facilitare la “pioggia”, cioè la condensazione di liquido sulle superfici interessate, il cosiddetto punto di rugiada.
È sufficiente intervenire in due modi: tirare su di qualche grado la temperatura del muro esterno, in modo che non sia più così freddo, ed eliminare un po’ della quantità di goccioline che abbiamo dentro. Ecco perché volevamo qualche centimetro di cappotto all’esterno della locanda: per guadagnare qualche grado all’interno del muro, fattore fondamentale.
Per eliminare la quantità di goccioline all’interno non potete smettere di fare la pasta e nemmeno di farvi la doccia. Dovete per forza fare in modo che l’umidità migri naturalmente verso l’esterno. Una volta il problema non si poneva perché le case erano dei colabrodo e l’umidità se ne andava da sola. Il caldo del riscaldamento usciva a scaldare l’ambiente esterno, Greta Thunberg non era ancora nata e i serramenti avevano degli spifferi che neanche le coppie aperte degli anni ’70.
Oggi i serramenti hanno una tenuta tipo sottovuoto e le facciate talvolta sono intonacate con il cemento o materiali cementizi, non certo materiale poroso. Pertanto, l’umidità non esce se non in minima parte. Le case con intonaci a base cementizia sono un dramma per tenere un ambiente salubre all’interno, specialmente se hanno ottimi serramenti.
Una condizione ideale per far uscire un po’ di umidità, non potendo tropicalizzare i dintorni a vostre spese aprendo impunemente porte e finestre per arieggiare più volte al giorno, è che i muri della vostra casa siano il più porosi possibile e che l’umidità ambientale li attraversi senza troppi ostacoli, andando pian piano e naturalmente fuori da casa vostra. Bene anche i sistemi di aerazione forzata, ma se non amate le griglie anche qui siete daccapo. I muri di calce e pietrame di una vecchia casa sono in genere sufficientemente porosi per favorire questo quotidiano processo di ricambio. La tecnologia moderna inoltre vi viene in aiuto con una cosa che si chiama “freno vapore” o “barriera vapore”, un foglio di tessuto non tessuto - una pezza senza trama e ordito - con diversi gradi di traspirabilità, che si posa appiccicata al muro con vari sistemi: fa in modo che la vostra nuvoletta calda piena di goccioline vada a scontrarsi con il muro perimetrale un poco alla volta: se “pioverà”, pioverà poco alla volta e il muro riuscirà a far uscire la maggior parte delle goccioline fintanto che sono ancora piccole e che riescono ad attraversarlo.
Adesso abbiamo spiegato il meccanismo in modo estremamente semplificato ma nella mia breve vita da impresario si perdevano decine di ore ad interpretare macchie di umidità sui muri, spesso frutto di condensa, andando a cercare fantomatiche perdite negli scarichi fognari o nel tetto o procedendo a lunghissimi, quanto inutili, interventi con prodotti temporaneamente miracolosi che poi nessuno voleva pagare, sulla scorta delle elucubrazioni mentali che ci portava il tecnico di turno.
Alla locanda i muri erano tutti in calce e pietrame. Il materiale cementizio era rimasto limitato alle poche aggiunte statiche interne dei cordoli e del vano dell’ascensore: la casa aveva ottime probabilità di respirare benissimo." (citazioni da "L'hotel infra ordinario" di Katia Girardi Architetto, vietata ogni duplicazione o copia anche parziale, non autorizzata. Opera protetta dal diritto d'autore)








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